- Teoria -

Disturbi ansiosi

Fenomenologia

Secondo le recenti statistiche di Our World in Data, i disturbi d'ansia sono classificati al primo posto tra i disturbi mentali più frequenti nella popolazione mondiale.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce disturbi ansiosi una categoria di disturbi mentali caratterizzati da ansia e paura tra cui il Disturbo d’ansia generalizzata, il Disturbo di panico, le Fobie specifiche, il Disturbo d’ansia sociale, il Disturbo ossessivo-compulsivo e il Disturbo da stress post-traumatico.

È stato stimato che nel 2017 il 3,76% (più di 284 milioni) della popolazione mondiale soffriva di disturbi d’ansia (Institute for Health Metrics and Evaluation, Global Burden of Disease).

Il rischio di soffrire di un disturbo d'ansia è doppio nelle donne rispetto agli uomini e questo sembra essere dovuto a fattori ormonali, a eventi di vita come la gravidanza e la menopausa, a fattori culturali secondo i quali le donne dovrebbero posticipare i loro bisogni di fronte a quelli d’altri, e la maggior predisposizione delle donne a parlare dei loro problemi e a rivolgersi a figure professionali sanitarie (Lingiardi & McWilliams, 2017).

I disturbi ansiosi, così come definiti in letteratura, sono caratterizzati prevalentemente dalla presenza di ansia e paura marcate e persistenti rispetto allo stadio di sviluppo della persona. L’ansia è una sensazione anticipatoria di apprensione che si manifesta nei confronti di una minaccia futura, che prevede l’aumento della vigilanza, maggiore tensione muscolare, comportamenti di evitamento e un moderato livello di arousal (attivazione del sistema nervoso simpatico). La paura, invece, è una risposta emotiva a un pericolo imminente, reale o percepito, che è spesso associata a pensieri e comportamenti di lotta o fuga e a un elevato livello di arousal. Ansia e paura possono manifestarsi anche in relazione all'esposizione a un evento traumatico o stressante. La risposta di fronte a stimoli minacciosi è definita risposta da stress e prevede comportamenti di evitamento dello stimolo, l'aumento della vigilanza e dell'attivazione mentale necessari alla lotta o alla fuga, l'attivazione della divisione simpatica del sistema nervoso autonomo e il rilascio dell'ormone glucocorticoide cortisolo da parte delle ghiandole del surrene grazie alla regolazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA, Hypotalamus-Pituitary-Adrenal).

Di base, l'ansia e la paura hanno un valore adattivo: la prima ci aiuta a far fronte o a evitare situazioni pericolose e a trovare soluzioni creative per affrontare la vita, la seconda attiva in noi una risposta di lotta o di fuga di fronte a un pericolo. Tuttavia, in alcuni casi, questo sistema "salva vita" non funziona correttamente e ci troviamo di fronte ad ansia e/o paura marcate, anche in assenza di un reale pericolo, e persistenti, generalmente della durata di sei mesi o più nell'adulto, e quattro settimane nei bambini e adolescenti (American Psychiatric Association, 2013).

  Le evidenze empiriche dimostrano che l'ansia può anche essere collegata ad aspetti di natura biologica. È stato studiato come il gene che codifica per il trasportatore della serotonina (5-HTT) possiede delle varianti in base alla lunghezza della regione del promotore, e sembra che un allele più corto abbia una minor efficienza trascrizionale. Hariri et al. (2002) hanno dimostrato che quasi il 70% delle persone possiede una o due copie dell’allele corto che li porta ad avere un’attività neuronale più elevata nell'amigdala in risposta a stimoli di paura.

Inoltre, è stato individuato che un polimorfismo (5-HTTLPR) nel promotore del gene trasportatore della serotonina ha un ruolo non solo nella depressione, ma anche nel disturbo da stress post-traumatico e nei disturbi d’ansia, tant'è l'FDA (U.S. Food and Drug Administration) ha approvato la somministrazione di farmaci SSRI (Selective Serotonin Reuptake Inhibitor; Inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina) sia in caso di depressione maggiore e distimia, sia in caso di disturbi d’ansia (disturbo di panico, disturbo d’ansia generalizzata, fobie), disturbo da stress post-traumatico e disturbo ossessivo-compulsivo.

Xie et al. (2009), invece, hanno osservato che la presenza del polimorfismo 5-HTTLPR aumentava il rischio dell’insorgenza di ansia e paura nella storia di una persona cresciuta in un contesto avverso e di sviluppare in seguito un disturbo da stress post-traumatico. Inoltre, aver subito abusi nell'infanzia sembra alterare il profilo di attaccamento del bambino e il funzionamento dell’asse HPA, e sembra predire un elevato rischio di sviluppare un disturbo da stress post-traumatico in età adulta.

Il termine ansia, così come lo utilizziamo, deriva dalla nevrosi d'angoscia di cui parlò Freud (1894), e nello specifico da due definizioni: la prima da un senso di paura che origina da un desiderio rimosso, la seconda da una sensazione di panico soverchiante con conseguente attivazione del sistema nervoso autonomo e presenza di sintomi quali sudorazione, dispnea e tachicardia, per citarne alcuni. Dalla seconda teoria dell’angoscia di Freud (1925), l'ansia non viene più vista come un accumulo di libido bloccata o inibita, ma come un segnale a disposizione dell'Io quando si manifesta un conflitto interno tra desideri inconsci sessuali o aggressivi dell'Es e le norme imposte dal Super-io. La funzione dell'ansia di essere al servizio dell'Io attiva i meccanismi di difesa che impediscono l'emergere alla coscienza di questi pensieri inaccettabili e rimossi.

Freud e gli studiosi psicodinamici successivi sostennero che ogni fase evolutiva produce una paura specifica. Le forme più primitive d'ansia collegate alla fase orale sono l'angoscia di disintegrazione, cioè la paura della frammentazione del sé o di perdere il senso di sé attraverso la fusione dei confini, e l'angoscia persecutoria, ovvero il timore che oggetti persecutori esterni invaderanno la persona annichilendola, definita anche posizione schizoparanoide dalla Klein (1946, 1952). Nella fase anale troviamo l'angoscia di separazione, che nasce quando il bambino inizia a muoversi nello spazio attorno a lui generando prima il timore di perdere l'oggetto di attaccamento e il suo amore, in seguito, l'angoscia si restringe alla paura di perdere esclusivamente l'amore da parte dell'oggetto. Con l'ingresso nella fase edipica sorge l'angoscia di castrazione, descritta come il timore di perdere una parte vitale del sé a causa di una figura genitoriale vendicativa. Infine, a un livello più maturo si manifesta l'ansia superegoica o angoscia morale che proviene dal terrore di infrangere le regole morali interne imposte dal Super-io. Ogni persona risolverà questi livelli d'ansia con una sfaccettatura individuale in base alle sue caratteristiche interne e alle risposte ricevute dall'ambiente esterno nel corso della crescita, e che possono venire riattivati nel corso della vita da eventi stressanti o traumatici.

L'ansia e la personalità

Gli studi di Shedler, Western e Lingiardi (2014) hanno evidenziato diversi prototipi di personalità, tra cui quello di personalità ansiosa-evitante, descrivendo le persone con questa configurazione come cronicamente ansiosi, impacciati, socialmente evitanti e costantemente focalizzati in diversi tentativi di gestire l'ansia tramite modalità che limitano e restringono la loro esistenza, provando anche sentimenti di vergogna e imbarazzo, ruminando costantemente. Spesso la loro ansia si esprime in attacchi di panico, preoccupazioni ipocondriache e sintomi somatici. Il PDM-2 definisce la personalità ansioso-evitante e fobica in modo analogo alla SWAP.

Tuttavia, l'angoscia sembra essere una sensazione trasversale a tutte le personalità.

La tipologia anaclitica delle personalità depressive è caratterizzata da un'alta reattività alla perdita, al rifiuto, da sentimenti di vuoto e vergogna, con un'angoscia sottostante legata al timore di perdere – in base al livello di gravità – o l'oggetto d'amore o l'amore dell'oggetto, vivendo in un pervasivo stato di ansia di separazione. Le personalità masochistiche fanno fronte alla cronica e angosciosa attesa di un attacco con l'acting out difensivo, così, provocando attivamente la punizione temuta, placano la loro ansia. Le personalità dipendenti tendono a organizzare la loro vita attorno a relazioni di cura che cercano disperatamente di mantenere, esperendo elevati livelli d'ansia di separazione, timore di essere abbandonati e/o rifiutati e paura della solitudine. Le personalità ossessivo-compulsive vivono per attendere alla loro "moralità sfinterica" (Ferenczi, 1925), con l'obiettivo di ottemperare ai loro standard etici e morali interni dettati da una rigida angoscia superegoica. Le personalità schizoidi provano una forte angoscia in situazioni interpersonali circa i temi vicinanza-distanza e amore-paura: infatti, sperimentano un'angoscia soverchiante e costante tra la richiesta di voler l'altro vicino per non stare solo e, al contempo, di stargli lontano per evitare l’intrusione (Robbins, 1988). La vita delle personalità somatizzanti è organizzata attorno alla difesa primitiva della somatizzazione, possiedono un senso di sé fragile e si sentono in balia di forze esterne incontrollabili angoscianti che minacciano la loro integrità corporea. Le persone isterico-istrioniche utilizzano la seduttività come difesa contro sentimenti di debolezza e manchevolezza nei confronti dell'altro sesso, e contro la paura inconscia di essere danneggiati dagli altri e sovrastimolati dai loro desideri e sentimenti per loro fonte di ansia e angoscia. Le personalità narcisistiche sono dominate dalla continua ricerca di "conferme narcisistiche" per nutrire un vuoto interiore, provano una forte angoscia di frammentazione del Sé interiore, hanno paura di essere messi da parte, di perdere improvvisamente la loro autostima e di sentirsi di colpo nessuno (Goldberg, 1990). I sottotipi narcisista ipervigile (Gabbard, 1989), covert (Akhtar, 1989) e celato/nascosto (Masterson, 1993) condividono la caratteristica di essere estremamente sensibili alle critiche e all'approvazione degli altri, per cui vivono in uno stato d'ansia nel timore di essere inadeguati e di subire disapprovazione, critica e rifiuto. Le personalità paranoidi, organizzate a livello borderline o psicotico, disconoscono i loro affetti, impulsi e idee, li proiettando sull'altro e li vivono di conseguenza con angoscia, paura e/o oltraggio. La loro tendenza ad aspettarsi di essere umiliati o maltrattati genera in loro sospettosità, ipervigilanza e sperimentano un'agonia costante nell'attesa di un attacco, un'elevata angoscia di annichilimento (Hurvich, 2003) e una grande ansia relazionale per cui temono di essere usati e distrutti dall'altro. Le persone psicopatiche (antisociali) si alternano tra il manipolare gli altri e il terrore di essere manipolati. Diversi studi in letteratura (Ogloff & Wong, 1990; Zuckerman, 1999) hanno dimostrato però che queste persone tendono a sperimentare ansia più raramente e con minor intensità. Per quanto riguarda le personalità sadiche non ci sono studi in letteratura in grado di affermare che queste possano esperire angoscia, se non indirettamente tramite il sollievo che essi provano dopo aver inflitto dolore e umiliazione. Infine, le personalità borderline, con un modello di attaccamento insicuro disorganizzato-disorientato, hanno delle difficoltà nella regolazione degli affetti che li porta a oscillare tra vivere l'altro come fonte di sicurezza o di paura, mettendo in atto comportamenti di ricerca di vicinanza e attacchi ostili. Dominati da meccanismi primitivi come la scissione e l'identificazione proiettiva, non hanno un senso di continuità del sé e di confini con l'altro, e così vivono in un'angoscia continua tra il desiderio di coesione, il terrore di essere invasi, la paura della frammentazione del sé e il timore di essere abbandonati. 

Eziologia

La letteratura indica che agli esordi dell'ansia potrebbe esserci una tendenza alla disregolazione emotiva (Schore, 2003) e una successiva compromissione dello sviluppo di strategie di coping o meccanismi di difesa. Inoltre, ci sono studi a favore di un collegamento tra lo stile di attaccamento ansioso (insicuro ambivalente e insicuro evitante) del bambino e le caratteristiche ansiose dominanti nella sua vita (Mikulincer & Shaver, 2010; 2012).

Le forme dell'ansia possono essere l'espressione di tre principali fattori eziologici: di un'origine traumatica, di un'origine conflittuale o di un'origine da deficit.

L'origine traumatica si riferisce a esperienze emotivamente soverchianti che si accompagnano a vissuti post traumatici, i quali si possono riattivare in seguito a specifici stimoli ambientali o relazionali.

L'origine conflittuale si riferisce alla presenza di una tensione tra un bisogno e una limitazione esterna o interna. Per esempio, si può verificare un conflitto tra bisogni primari e le esperienze relazionali riguardanti i primi anni di vita della persona. L'assunto di partenza è che la sofferenza psichica derivi da antiche esperienze di frustrazione di uno o più bisogni primari. Questo assunto accomuna la visione analitico transazionale del copione, la visione psicodinamica (teoria dello sviluppo psicosessuale di Freud) e la visione cognitiva declinata nel modello teorico della Schema Therapy di Jeffrey Young. Nella storia di ogni persona che presenta una problematica di tipo ansioso, dunque, troveremo l'iniziale espressione di un bisogno primario, una risposta non adeguata da parte dell'ambiente, l'angoscia provata dal bambino di fronte a tale risposta, e i comportamenti di sopravvivenza e adattamento. Questi sono i quattro ingredienti per la comprensione dell'eziologia ansiosa conflittuale.

Infine, l'origine deficitaria si riferisce all'assenza di esperienze fondamentali per lo sviluppo delle capacità regolative. A differenza dei traumi e dei conflitti, il deficit è caratterizzato da un vuoto invece che da un pieno, dall'assenza di esperienze invece che dalla presenza di esperienze traumatiche o conflittuali.

Psicopatologia

Di seguito analizzeremo l'origine conflittuale dell'ansia. I conflitti sono alla base della personalità e secondo Cloninger (Cloninger, Svrakic & Przybeck, 1993), ogni persona nasce con una predisposizione innata a selezionare e a reagire agli stimoli ambientali con specifiche risposte emotive e comportamentali, mediate da quattro sistemi neuromodulatori diffusi: Harm Avoidance (HA, Evitamento del danno), Novelty Seeking (NS, Ricerca della Novità), Reward Dependence (RD, Dipendenza dalla ricompensa) e Persistence (PS, Persistenza). Per un maggior approfondimento si consiglia di consultare la sezione Il modello bifattoriale di Cloninger nella pagina dedicata ai disturbi di personalità.

L’HA è l'inibizione comportamentale in risposta a stimoli spiacevoli o segnali di pericolo, e clinicamente si è riscontrato che una maggiore inibizione comportamentale predispone all'ansia, alla depressione e alla bassa autostima: infatti, l'elevata presenza del tratto HA è riscontrabile nelle persone ansiose o paurose. Secondo Cloninger questa dimensione è presente nei disturbi del cluster C dei disturbi di personalità del DSM (Evitante, Dipendente, Ossessivo-compulsivo e Passivo-Aggressivo).

Una presenza patologica del tratto NS si associa all'iperattività, al binge-eating, al bere e ad altri comportamenti di abuso di sostanze stimolanti e alle new addiction. Cloninger sostiene che l'elevata presenza di questo tratto è riscontrabile tipicamente nelle persone "strana", quelli che rientrano nel cluster A dei disturbi di personalità del DSM (Disturbi di Personalità Paranoide, Schizoide, Schizotipico).

Secondo Cloninger, la RD sarebbe maggiormente sviluppata nelle persone inquadrabili nel cluster B dei disturbi di personalità del DSM (Borderline, Antisociale, Istrionico, Narcisistico), caratterizzati da comportamenti melodrammatici, emotivi e imprevedibili.

La PS si riferisce al mantenimento di comportamenti adattativi, è un tratto temperamentale definibile come perseveranza nella fatica e nella frustrazione, determinazione nel raggiungimento degli obiettivi; predice determinazione, operosità, perfezionismo ed ambizione.   

Piano di trattamento

Considerando il modello di Cloninger, possiamo concettualizzare come impasse temperamentali i conflitti derivanti da uno scarso allineamento tra i bisogni temperamentali del bambino e l'ambiente di accudimento. Pertanto, le impasse temperamentali sono impasse di terzo grado/tipo, ed esprimono il conflitto tra il temperamento geneticamente determinato e la sintonizzazione dell’ambiente di accudimento. Considerare quale dei sedici tipi di temperamento del Bambino Naturale (B0) descrive meglio un paziente favorisce la sintonizzazione con i suoi bisogni più arcaici ed evita di ritraumatizzare involontariamente l'espressione dei bisogni temperamentali. Il compito del terapeuta è individuare i bisogni e fornire risposte sintonizzate, ossia le Autorizzazioni, i Permessi e la Protezione che sono mancati nelle risposte ambientali non sintonizzate.

Esiste anche un livello ancora più profondo di impasse, in cui il conflitto è tra diverse disposizioni temperamentali naturali (Io-Io). Si noti la differenza con le impasse di terzo grado descritte dai Goulding, che pur essendo impasse del tipo Io-Io attribuiscono uno dei due poli del conflitto al Bambino Adattato, mentre nel nostro caso entrambi i poli del conflitto appartengono al Bambino Naturale. Si noti anche la differenza con i conflitti di terzo grado descritti da Mellor, dove il conflitto è Io-Tu. Per questo tipo di conflitti e per differenziarli dalle impasse di terzo tipo (Io-Io, BA-BL) o grado (Io-Tu, G0-B0) proponiamo di considerare la dizione impasse di quarto grado, (Io-Io, BN-BN).

Le impasse genetiche, in quanto espressione di disposizioni naturali del bambino, non possono essere risolte come un conflitto: la genetica non può essere modificata, ma può essere compresa e accettata. Se stiamo trattando un bambino con questo tipo di temperamento, gli interventi possono aiutare i genitori a comprendere le complesse e contrastanti disposizioni temperamentali del bambino, e a supportare lo sviluppo dell'auto-rassicurazione per favorire le future esplorazioni. Se, invece, stiamo trattando un adulto che aveva da bambino quel tipo di temperamento, l'attenzione si sposta sul riconoscere la sofferenza derivata dalla mancata sintonizzazione, per esempio evidenziando la difficoltà dei genitori a riconoscere le sue disposizioni naturali ed il dolore provocato. Quando i pazienti sentono riconosciute le proprie impasse genetiche, tendono a sentirsi compresi, sviluppano una migliore alleanza terapeutica e migliorano l'autostima e il senso di identità.